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8 marzo, Giornata Internazionale dei Diritti delle Donne

Ci sono voluti molti anni prima che la Giornata Internazionale della Donna diventasse una festa pubblica. Su iniziativa dell’ONU, è una giornata ufficiale dal 1977, ma la celebrazione affonda le sue origini già all’inizio del XX secolo e ai primi movimenti operai e femminili.

L’8 marzo è la giornata dei diritti delle donne, che pone l’attenzione sulla subordinazione sistematica delle donne nella società e sulla lotta che in tutto il mondo intraprendono per essere pienamente cittadine con la propria voce e i propri diritti. In generale, nel mondo, le condizioni di vita delle donne sono peggiori di quelle degli uomini, indipendentemente dal Paese, dal colore della pelle, dalla classe sociale o da qualsiasi altro motivo. In Italia, in particolare, le donne hanno un’istruzione più elevata degli uomini (le donne con almeno il diploma sono il 65,1%, mentre gli uomini il 60,5% – una differenza ben più alta di quella osservata nella media UE, che è pari a circa un punto percentuale), ma guadagnano comunque meno. Gli stipendi, infatti, sono influenzati ancora dal genere: le donne partecipano di meno alla vita lavorativa, lavorano meno ore degli uomini, hanno contratti meno stabili e non sono equamente presenti tra la base e il vertice delle organizzazioni. Tutto ciò si traduce in un divario salariale a sfavore delle donne rispetto agli uomini, il cosiddetto gender pay gap. In Italia, questo è fortemente influenzato dal settore in cui si lavora: nel pubblico è pari al 4,1%, tra i più bassi in Europa, mentre nel privato è tra i più alti (16,5%). Nel 2022, la RAL (Retribuzione Annua Lorda) media dei lavoratori uomini in Italia è di 31.286 €, contro un 28.565 € delle donne. È come se le donne nel 2022 avessero iniziato a percepire un salario non dal 1° gennaio ma dal 2 febbraio.

Nessun Paese ha ancora raggiunto la piena parità di genere. L’unico a chiudere oltre il 90% del divario di genere è l’Islanda, seguita da Norvegia, Finlandia, Nuova Zelanda, Svezia, Germania, Nicaragua, Namibia e Lituania, che hanno colmato almeno l’80% del loro divario (Fonti: Osservatorio JobPricing; Eurostat 2022; Global Gender Gap Index 2023).

Questa giornata internazionale della donna non viene celebrata per commemorare la nascita o la morte di una donna particolarmente importante. Né il giorno viene celebrato perché un certo evento è avvenuto l’8 marzo (diversamente da come in verità si è pensato per molto tempo). Sorprende anche che per la Giornata internazionale della donna non siano stati costruiti monumenti presso i quali possano essere deposte corone per ricordare tutte le milioni e milioni di ragazze e donne che hanno dovuto mettere in pausa la propria vita per il solo motivo di essere nate donne. Nell’occasione da cogliere almeno una volta all’anno, l’8 marzo le donne hanno l’opportunità di sensibilizzare chi le circonda.

Negli ultimi anni, l’8 marzo è diventato spesso un’operazione di marketing, proprio come San Valentino o la Festa della Mamma. Un giorno che si chiama “Giornata Internazionale della Donna”, comporta qualche eccesso: ad esempio, i grandi marchi offrono alle donne sconti speciali sulla lingerie o sugli elettrodomestici. Tuttavia, non dovremmo mai dimenticare che è un giorno per riflettere sul fatto che ancora i diritti delle donne vengono violati in molte parti del mondo, che l’uguaglianza non è ancora un dato di fatto e che le donne sono ancora discriminate a causa del loro genere.

 

Cosa fa la Regione Veneto per la parità di genere

Fin dal 2000, la Regione Veneto ha sviluppato molte iniziative, programmi e, in alcuni casi, leggi Regionali. Ricordo alcuni esempi, come G.I.R.LS., legge per promuovere e sostenere l’imprenditoria femminile; il recente Female skills, progetto che si pone l’obiettivo di diffondere modelli di intervento, linguaggi, metodi e strumenti di lavoro in grado di incentivare l’equilibrio di genere sviluppando azioni che vedono coinvolte, per la prima volta tutte assieme, le principali realtà sociali, economiche, sanitarie e politiche della Marca trevigiana sul tema della parità di genere; Stem in rosa, calendario di laboratori, seminari, mostre ed eventi promossi dalla Regione Veneto nelle sette province venete per potenziare le competenze scientifiche, digitali e le conoscenze tecniche e scientifiche delle donne per renderle protagoniste dell’innovazione e delle imprese 4.0; MINERVA: STEAM AL FEMMINILE, progetto nella provincia di Treviso della durata di 18 mesi, che prevede una serie di interventi mirati a stimolare l’interesse e a favorire l’accesso di ragazze e donne alle discipline e le professioni STEAM (Science Technology Engineering Art Mathematics).

Ricordo inoltre la recente legge Regionale n. 3 del 15 febbraio 2022: “Disposizioni per la promozione della parità retributiva tra donne e uomini” e il sostegno all’occupazione femminile stabile e di qualità, riconoscendo la parità di genere quale presupposto fondamentale per un sistema equo e inclusivo di convivenza civile finalizzato al progresso sociale e allo sviluppo socio-economico del suo territorio.

 

Una giornata che è più di una semplice festa

Non semplicemente “Festa della Donna”, chiamiamo l’8 marzo “Giornata Internazionale dei Diritti della Donna”, che è molto più corretto; una giornata mondiale che celebra le conquiste sociali, economiche, culturali e politiche delle donne. La giornata segna anche un invito all’azione per accelerare l’uguaglianza delle donne.

Immaginate un mondo con vera parità di genere: libero da pregiudizi, stereotipi e discriminazioni. Un mondo diverso, equo e inclusivo, in cui la differenza è valorizzata e celebrata. Insieme possiamo forgiare l’uguaglianza delle donne. Tutti possiamo farlo: celebrare i successi delle donne, sensibilizzare sulla discriminazione, agire per promuovere la parità di genere.

La Giornata Internazionale dei Diritti della Donna appartiene a tutti, ovunque.

violenza sulle donne
Sociale

Sostegno alle donne vittime di violenza, parliamone in modo concreto.

C’è un grande movimento intorno, una consapevole presa di coscienza, come si usa dire, rispetto a un tema così grave e difficile da accettare. Nonostante però le molte iniziative attuate – sia a livello nazionale che regionale – i numeri indicano che in Italia c’è ancora un 33% di donne che subisce violenza. Quando si parla di violenza rivolta a una persona si tende a pensare solo alle percosse, ma la violenza fisica è solo l’aspetto più evidente: ci sono altri fenomeni molto frequenti, come stalking, violenza psicologica, economica, fisica, sessuale e violenza assistita (essere testimoni di violenza), che nuoce in particolare i minori presenti.

Nel 2023 sono state finora 106 le donne vittime di omicidio (3 in meno rispetto allo stesso periodo del 2022), di cui 87 uccise in ambito familiare/affettivo; di queste, 55 hanno trovato la morte per mano del partner/ex partner, in aumento rispetto alle 53 dell’anno scorso.

Inoltre i delitti commessi in ambito familiare/affettivo registrano un aumento da 124 a 130 (+5%), seppur con un decremento del numero delle vittime di genere femminile, che da 91 diventano 87.

È necessaria una trasformazione culturale: le notizie di violenza sulle donne che appaiono sui giornali sono solo una parte del problema. Il fenomeno infatti non si limita ai casi che fanno scalpore perché molte donne non si fanno avanti, per varie ragioni. Una misura d’intervento indispensabile riguarda l’accoglienza, l’ascolto e la cura dopo fatti accaduti.

Il nostro sistema territoriale si basa su strutture pubbliche o private no profit che offrono ospitalità e sostegno: si tratta di una rete di Centri AntiViolenza (CAV) e Case Rifugio per donne maltrattate (CR). In particolare, nei Centri AntiViolenza operano persone qualificate che accolgono e ascoltano le donne che hanno subito violenza, intervengono con l’aiuto specifico di psicologi, avvocati, medici e altri professionisti.

Le Case Rifugio sono, invece, abitazioni dove le donne vittime di violenza e i loro figli possono trovare rifugio per interrompere una violenza in corso. Gli indirizzi di queste case sono segreti proprio per proteggere le vittime. L’accettazione può avvenire tramite segnalazione diretta, se proveniente dalla donna vittima di violenza, o dai servizi contattati dalla vittima (come CAV, Pronto Soccorso e numero telefonico 1522).

1522 è il numero da chiamare: è gratuito anche da cellulari, è attivo 24 h su 24, accoglie le richieste di aiuto e sostegno delle vittime di violenza e stalking. Lo stesso numero 1522 serve anche per contattare i Centri AntiViolenza, per avere aiuto o anche solo un consiglio.

Rispondere in tempo e contrastare in modo efficace questo flagello sociale è difficile; ci si può riuscire grazie a un’articolazione di servizi orientati e mostrando alla donna che c’è una via d’uscita a simili situazioni proponendo, tramite una rete di attenzione e protezione, la possibilità di raggiungere il recupero personale.

La rete si sviluppa su tutto il territorio regionale in 26 Centri AntiViolenza, 28 Case Rifugio e numerosi sportelli antiviolenza, la cui attività si basa su diverse linee d’intervento:

  • iniziative volte alla ripresa sociale ed economica delle donne nel loro cammino di uscita dal circuito di violenza
  • potenziamento dei servizi attraverso azioni di prevenzione, assistenza, sostegno e accompagnamento delle vittime
  • azioni per il supporto abitativo, il reinserimento lavorativo e l’accompagnamento nei percorsi di uscita dalla violenza
  • progetti rivolti anche a donne minorenni vittime di violenza e a minori testimoni di violenza (violenza assistita).

Nel 2023 sono previsti una serie di investimenti per un valore totale di quasi 4 milioni di Euro a favore di azioni di prevenzione e contrasto alla violenza sulle donne. 1 milione di euro verrà erogato direttamente dalla Regione, mentre quasi 3 milioni dal Governo, grazie allo specifico decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 22 settembre 2022. Gli interventi regionali non prevedono solo fondi mirati, ma anche norme che regolano il funzionamento dei centri antiviolenza e ne organizzino interventi e attività, adattandoli alle crescenti esigente del territorio.

contro violenza donne | Sonia Brescacin
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Più fondi, “codice rosa” e rete potenziata per aiutare le donne vittime di violenza

In quel che ho scritto un mese fa in questo blog ho elencato una serie di numeri drammatici sul fenomeno: “nel corso del 2018 le donne che si sono rivolte ai centri antiviolenza del Veneto sono state quasi 8.500 e hanno ricevuto informazioni, fatto una segnalazione o ricevuto un consiglio. Di queste, 2.373 (280 in più rispetto al 2017) sono state prese in carico con percorsi di affiancamento, assistenza e protezione”.

Riscrivo questi numeri angosciosi perché dobbiamo essere consapevoli, soprattutto nell’ambito preventivo, che è necessario uno sforzo di tutti per un cambiamento culturale che passa attraverso le azioni di tante associazioni e soprattutto delle scuole. In queste ultime, il bullismo è un primo campanello d’allarme.

Oltre ai centri antiviolenza e delle case rifugio di cui ho parlato nel precedente articolo il nostro sistema sanitario mette a disposizione delle donne una rete di servizi sul territorio, ospedalieri e ambulatoriali, socio-sanitari e socio-assistenziali, anche attraverso strutture facenti capo al settore materno-infantile, come ad esempio il consultorio familiare, al fine di assicurare un modello integrato di intervento.

Uno dei luoghi in cui più frequentemente è possibile intercettare la vittima è il Pronto Soccorso. Nello specifico, presso alcuni Pronto Soccorso in Italia si sta sperimentando un percorso speciale per chi subisce violenza, contrassegnato da un “codice rosa”: è qui che le vittime di violenza, a volte inconsapevoli della loro condizione, si rivolgono per un primo intervento sanitario. Per supportare al meglio le vittime di violenza, anche a Treviso è attivo il Codice Rosa in Pronto Soccorso e un protocollo specifico che si attiva nei Consultori Familiari.

La finalità è quella di garantire alla donna in uno spazio protetto e riservato per fornire subito un percorso socio-assistenziale adeguato. Per “codice rosa” s’intende un protocollo dedicato che garantisce una valutazione tempestiva, la presa in carico immediata della donna e degli eventuali figli e l’individuazione delle risposte più appropriate dal punto di vista fisico e psicologico.

È da sottolineare il lavoro prezioso della rete degli assistenti sociali presenti in ogni comune che spesso sono i primi a intercettare le situazioni di disagio sul tema della violenza domestica.

Con una variazione di bilancio, la Giunta Regionale del Veneto ha aumentato i finanziamenti per i Centri Antiviolenza e le Case Rifugio, al fine di sostenerli nell’importante attività di accompagnamento delle donne prese in carico in un percorso di recupero della serenità e di una vita autonoma e normale.

La Regione Veneto ha messo a disposizione quest’anno 600.000 € (100 mila in più rispetto allo scorso anno) del proprio bilancio in favore dei 22 centri antiviolenza e delle 22 case rifugio presenti nel territorio veneto.

Quindi attenzione economica, ma soprattutto un costante sviluppo delle reti di ascolto e accoglienza e un altrettanto impegno a incrementare le azioni di che azioni che svolgono le associazioni e le scuole in questo ambito.

Elenco centri antiviolenza

Elenco case rifugio

(elenchi aggiornati al 2 luglio 2019)

 

anti violenza donne | Sonia Brescacin
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La Regione stanzia più fondi per potenziare nuove strutture e la rete antiviolenza sulle donne

Purtroppo il fenomeno della violenza di genere è in costante aumento. Nel 2018 sono aumentate del 79% le segnalazioni ai centri antiviolenza, una ogni 300 donne residenti.

Il report annuale sull’attività dei Centri antiviolenza e delle Case rifugio (da oggi online nel sito della Regione Veneto) riporta un aumento del 79% delle segnalazioni, che passano dai 4.733 contatti registrati nel 2017 agli 8.464 dello scorso anno. In media, un contatto su tre diventa un’effettiva presa in carico dalle strutture.

Lo scorso anno i nuovi casi presi in carico dai Centri veneti sono stati 2.373, 280 in più rispetto al 2017. Significa che in Veneto ogni 300 donne residenti una ha preso contatto con un Centro antiviolenza e una ogni 700 è stata presa in carico.

A rivolgersi ai Centri antiviolenza sono in prevalenza le donne italiane (67%), coniugate o conviventi (59%), con un grado di istruzione medio alto (64%) e con un lavoro (52%), quasi sempre con figli (68%). In sei casi su 10 i figli sono testimoni delle violenze, e quindi a loro volta vittime da assistere e proteggere.

Le donne riferiscono agli operatori dei centri di essere vittime in prevalenza di violenze psicologiche (50,6 % delle segnalazioni) e di violenze fisiche (37,5%). Ma solo in un caso su 3 si rivolgono ai servizi di Pronto Soccorso (754 accessi su 2.110 violenze subite) e solo una su quattro prende il coraggio di denunciare la violenza alle Forze dell’Ordine. Percentuale invariata negli anni, nonostante il continuo aumento delle segnalazioni ai Centri antiviolenza.

I percorsi delle donne presso i Centri antiviolenza durano in media un anno e mezzo e in due casi su tre giungono a termine. Quelli di ospitalità e reinserimento nelle Case rifugio durano in media circa tre mesi e nel 50% dei casi consentono alle donne di acquisire una loro autonomia.

Nel corso del 2018 la legge regionale inoltre ha introdotto degli interventi sia per favorire l’autonomia economica abitativa delle donne e una previsione di possibili interventi o comunque di un’attenzione ai percorsi per gli autori di violenza.

 

Accoglienza, ascolto, rifugio e prevenzione

La violenza di genere è un fenomeno sociale che richiede particolare attenzione e conferma l’importanza dei servizi attivi presenti sul territorio e la necessità di potenziarli costantemente.

Il Consiglio Regionale con una variazione del bilancio regionale, ha assegnato 100 mila euro in più alla rete delle strutture antiviolenza, portando così la posta complessiva a 600 mila euro.

Tutte le forze sono messe in campo. La rete dei servizi si è strutturata e qualificata nell’offrire risposte alle donne minacciate e in difficoltà. In Veneto oggi sono attive 44 strutture, 22 Centri antiviolenza e 22 Case rifugio.

A Treviso sono presenti 4 Centri antiviolenza (Vittorio Veneto, Treviso, Montebelluna, Castelfranco) e 1 Casa Rifugio. Presto aprirà ad Asolo una nuova Casa rifugio. Sono inoltre presenti gli Sportelli Donna tra cui quello di San Fior.

Si tratta di un’ottima rete di strutture e servizi pubblici e privati per proteggere le donne, con indici di copertura nettamente superiori alla media nazionale: c’è un centro antiviolenza ogni 120 mila donne e un punto di primo ascolto goni 63 mila donne.

Le risorse regionali sono integrate ai fondi statali e vengono destinate sia al sostegno della rete dei servizi che ad attività formative e di sensibilizzazione, garantendo un supporto indispensabile al lavoro continuativo dei Centri antiviolenza e relativi sportelli e delle Case rifugio. I finanziamenti pubblici in media riescono a coprire più del 70 per cento del costo totale delle strutture.

 

Formazione, informazione, educazione e condivisione

L’impegno ora è il coinvolgimento di comuni, distretti e aziende sanitarie per mettere in rete le esperienze esistenti ad estendere le buone prassi a tutto il territorio regionale, in modo omogeneo. Il fine ultimo è aiutare ogni donna in difficoltà a sentirsi accolta e protette e accompagnata con il miglior percorso possibile verso una condizione di serenità e autonomia.

Fare rete tra istituzioni pubbliche e associazionismo e aiutare tutti i soggetti a collaborare al meglio nel prevenire la violenza contro le donne e nel sostenere le vittime, donne e minori.

Si è conclusa nel mese di maggio una importante attività di formazione del personale sanitario e socio-sanitario, con la collaborazione della Fondazione di Sanità Pubblica e con il CREU (Coordinamento Regionale Emergenza Urgenza).

Questa attività di formazione ha previso lo svolgimento di due fasi: una prima fase in cui sono stati formati, tra medici e infermiere, dei “formatori interni, perché per riuscire a trasferire un’attività formativa nella materia del contrasto alla violenza contro le donne è più opportuno che chi insegna agli operatori del Pronto Soccorso siano colleghi.

Una seconda fare nella quale i formatori interni, nell’ambito delle singole aziende ULSS, hanno portato a termine un totale di 110 corsi aziendali per quasi 3.000 operatori. Nell’attività di formazione sono stati coinvolti, oltre la figura prettamente sanitaria, gli operatori dei centri antiviolenza, le Forze dell’ordine, gli avvocati, per dare una visione a 360 gradi della problematica del contrasto alla violenza di genere.

A breve verrà promosso una nuova campagna di informazione e sensibilizzazione, perché le donne sappiano a chi rivolgersi per chiedere aiuto e sostegno.

A favore della prevenzione saranno inoltre attivati, nell’anno scolastico 2019/2020, dei voucher educativi nella materia specifica del contrasto alla violenza di genere: si tratta di percorsi educativi proposti da enti con competenza specifica in materia che vengono messi a disposizione delle scuole, che possono quini sceglierli nella disponibilità per la specifica Provincia.

Il report 2019 sugli interventi regionali per prevenire e contrastare la violenza contro le donne è consultabile a questo indirizzo http://www.regione.veneto.it/web/relazioni-internazionali/rilevazione-delle-strutture-regionali