Economia, Sanità, Sociale

IL VENETO HA RISPOSTO IN MODO EFFICIENTE ALL’EMERGENZA COVID PERCHÈ HA UN’OTTIMA RETE OSPEDALIERA E UNA BUONA SANITÀ TERRITORIALE

STRATEGIE VINCENTI E UN SISTEMA SANITARIO CHE FUNZIONA

La pandemia ci ha dimostrato che il modello sanitario veneto funziona, grazie alla forte cultura e tradizione di sanità pubblica, una rete ospedaliera organizzata e molti servizi radicati sul territorio che ci hanno permesso di avere un approccio all’emergenza diverso da altre regioni. Le scelte di politica sanitaria fatte dalla Regione in questi anni (riforma della sanità del 2016, piano socio sanitario del 2018 e schede ospedaliere) ci hanno portato sulla giusta strada e il sistema pensato e realizzato si è dimostrato efficace e pronto a reagire velocemente all’emergenza con risultati performanti. Tempestività, coraggio, idee chiare e la presenza costante del Presidente Zaia, che ha assunto la piena responsabilità di scelte delicate, hanno rappresentato una garanzia.

Anche il Financial Times ha parlato dell’ottima gestione della pandemia da parte del Veneto, preso come modello di riferimento.

L’emergenza è stata gestita interamente dai nostri ospedali pubblici

e da una diffusa presenza di servizi sanitari e socio-sanitari nel territorio che non hanno mai lasciato soli i pazienti a domicilio, gli ospiti delle Rsa e delle strutture per disabili grazie ad una forte integrazione con la medicina del territorio, il rapporto con i Medici di Medicina Generale, i servizi distrettuali, i Dipartimenti Servizio Igiene e Sanità Pubblica (Sisp). Questi enti hanno attuato le misure di isolamento e di vigilanza attiva e successivamente le Unità Speciali di Continuità Assistenziale (Usca) per la gestione appropriata a domicilio dei pazienti che non necessitavano delle cure dell’ospedale.

Il Veneto è stato raccontato dai media internazionali come un modello di contenimento del virus da prendere come esempio

e la stampa internazionale, come il Financial Times e il New York Times, hanno riconosciuto con numeri alla mano che il Veneto ha limitato la diffusione del Coronavirus nonostante la vicinanza con aree critiche come la Lombardia e l’Emilia Romagna e ha guadagnato un vantaggio strategico all’interno del sistema italiano e estero, diventando un modello internazionale.

Piano di Sanità pubblica,tamponi, ospedali Covid, tecnologia, dispositivi di protezione individuale, pochi ricoveri, cure a domicilio e molto altro ancora.

Già nel mese di gennaio la Regione aveva preparato il Piano di sanità pubblica

prevedendo l’esecuzione di tamponi, la mappatura dei contagi, l’isolamento fiduciario e altre indicazioni. Questo ci ha permesso di essere pronti quando, il 21 febbraio, è stato registrato il primo caso a Vò, iniziando subito con l’esecuzione di tamponi (dopo quattro giorni ne erano già stati fatti già 6 mila).

Il Presidente Zaia si è attivato prendendo le prime decisioni, tempestive e corrette: sottoporre a tamponi gli oltre 3.000 abitanti di Vo, chiudere l’ospedale di Schiavonia, differenziare i percorsi, individuare i Covid Hospital.

Le scelte fatte per Vo’ e questo primo test a tappeto, diversamente dai protocolli dell’Istituto Superiore di Sanità e dell’OMS, hanno permesso di fare scuola e scongiurare l’esplosione del contagio.

La decisione di dedicare alle persone infette ospedali ad hoc, i Covid Hospital, e isolare a casa i soggetti asintomatici o con sintomi lievi, ha permesso di non fare andare in sofferenza gli ospedali, di garantire cure a tutti e ridurre l’esposizione al rischio di contagio medici, infermieri e operatori sanitari.

Una scelta possibile grazie alla solida integrazione tra la medicina territoriale, diffusa e consolidata, e quella ospedaliera.

In modo rapido è stato avviato un percorso clinico inedito, che prevedeva l’accesso precoce ai reparti di malattie infettive e alla cure sub-intensive, con un utilizzo attento della rianimazione. Il sistema ha funzionato a Padova e da lì è stato esportato in tutti gli ospedali Covid.

I posti letto nelle terapie intensive sono stati raddoppiati in poche settimane, passando da circa 450 a circa 900, e questo ha permesso al sistema di non andare mai in crisi.

E ancora, sono state attivate le Unità speciali di Continuità Assistenziale (USCA), team composti da medici che forniscono cure e assistenza a domicilio dei pazienti Covid. Si è trattato di un’ulteriore svolta nell’approccio alla cura della malattia, permettendo il monitoraggio domiciliare dei malati Covid e del controllo dei loro eventuali conviventi, limitando così le ospedalizzazioni.

I tamponi sono stati sin da subito un elemento di forza nell’affrontare la situazione. La capacità di diagnosi dei laboratori veneti ha permesso di avere un ritmo sostenuto al punto che, a inizio maggio, per ogni caso positivo il Veneto ha fatto 22,6 tamponi, contro i 7,09 del Piemonte, gli 8,34 dell’Emilia Romagna e i 5,8 della Lombardia. Nel mese di maggio il Veneto ha analizzato circa 10 mila tamponi al giorno per un totale all’8 maggio di 420.959, poche migliaia di meno della Lombardia che ha il doppio di abitanti.

La capacità del sistema dei laboratori degli ospedali veneti non si improvvisa da un giorno all’altro,

è il frutto di una costruzione che affonda le radici negli anni e nelle scelte di politica sanitaria di riorganizzare i Dipartimenti di Prevenzione dotando ogni ospedale Hub di Laboratori di Microbiologia, condizione che ha permesso a tutti questi ospedali di processare tamponi.

Questa capacità durante l’emergenza è stata aumentata grazie a scelte veloci e appropriate, ad esempio comprando nuove attrezzature come il macchinario unico in Italia che permette da solo di analizzare fino a 9.000 tamponi al giorno.

 

Il Presidente Zaia con le mascherine
Sonia Brescacin in aula

Un grazie va a tutto il mondo sanitario che ha combattuto con professionalità, umanità, coraggio, perseveranza e capacità innovativa l’emergenza coronavirus.

Il lavoro clinico di medici ospedalieri e di medicina generale, infermieri, operatori socio-sanitari e tecnici di laboratorio ha assicurato ogni giorno assistenza e cura a chi ne aveva bisogno, affrontando con grande umanità e professionalità, senza risparmiarsi, situazioni che nessuno vorrebbe vivere o vedere.

Per la gratitudine la Regione ha voluto riconoscere i grandi sacrifici stanziando 61 milioni di euro per il personale sanitario, nella piena consapevolezza che non è una cifra economica ad esaurire tutto il valore di un grazie.

Grazie a tutti i Cittadini che hanno affrontato la situazione con responsabilità nel rispetto delle limitazioni e alla solidarietà che ha aiutato il sistema sanitario pubblico e della protezione civile.

Sono emersi l’umanità della gente veneta, i valori, la sensibilità, il rispetto delle regole che caratterizza il fare veneto, quella forma mentis che ha creato, negli anni, la comunità economica e sociale che tutti conosciamo, dove quello che si fa non è solo questione di denaro, è piuttosto il risultato di un modo di agire e di pensare che è caratteristico dei veneti.  Anche la sanità veneta, messa a dura prova in questi mesi, è il frutto di questa operosità, delle competenze e delle peculiarità della gente veneta.

La collaborazione del Terzo settore, del volontariato e la Protezione civile ha completato questo sistema che dimostra come il Veneto abbia un capitale sociale che altri territori non hanno.

Le scelte di politica sanitaria pubblica e la programmazione sanitaria  

Nel 2016 il Consiglio Regionale ha approvato la riforma delle Ulss, riducendole da 21 a 9 e ha istituito l’Azienda Zero: scelte che hanno avuto l’effetto di accorciare la catena di comando e unificare i centri di spesa.

La decisione di accorpare le 3 Ulss della provincia di Treviso in un’unica Ulss provinciale (Ulss 2 Marca trevigiana) ci ha permesso di avere, durante l’epidemia, un unico centro decisionale, una regia capace e professionale, che ha organizzato tutti gli ospedali trevigiani e i distretti sanitari.

L’istituzione della governance Azienda Zero ha consentito forme di miglioramento continuo della qualità assistenziale e di snellimento delle procedure amministrative, attuando innovazioni organizzativo-gestionali per rendere più snello e gestibile il servizio sanitario. Nata per accentrare a livello regionale gli acquisti, le funzioni tecniche, etc., sgravando gli ospedali di tali compiti e permettendogli di concentrarsi sulla cura del paziente, durante l’emergenza Azienda Zero ha garantito gli acquisti di mascherine e DPI, respiratori e macchinari per tutte le Ulss della regione, per i servizi socio-sanitari e distrettuali.

Il Veneto è, ad esempio, l’unica Regione in Italia ad aver dotato tutti i suoi ospedali Hub (come Treviso) di robot chirurgici di ultimissima generazione, i Da Vinci, che potranno essere impiegati in molte specialità e aiuteranno i giovani chirurghi.

ANCHE SUL PROBLEMA DELLA CARENZA DEI MEDICI IL VENETO È STATA LA PRIMA REGIONE A TROVARE LA SOLUZIONE
La proposta a cui ho lavorato con il Presidente Zaia e la Direzione Sanità è stata la soluzione alla carenza di medici negli ospedali.
L’emendamento a mia firma, approvato all’unanimità da tutto il Consiglio Regionale durante l’approvazione del Piano socio sanitario, ha previsto che i medici in specializzazione completino l’ultimo biennio di specializzazione negli ospedali del territorio. Ciò permette loro di imparare lavorando all’interno dell’ospedale e anche di alleviare i medici dalle prestazioni meno complesse.
Il Presidente Zaia già nel 2019 ha avviato i concorsi per l’assunzione dei giovani medici, prima Regione ad individuare una soluzione concreta a tale problematica.
La soluzione del Veneto è stata presa a modello dalle altre regioni e inserita nel Patto per la Salute approvato con il Ministero mentre il Governo, durante l’emergenza Covid, ha recepito le nostre proposte portando in corsia medici non specializzati e abilitati.

IL FUTURO DELLA SANITA’

Pensando al futuro, sappiamo di essere preparati, di aver superato una prova difficile, di aver sviluppato capacità e professionalità ulteriori che ci permetteranno di affrontare la sfide che potranno arrivare, portando nel cuore le persone che purtroppo abbiamo perso a causa del virus.

È importante continuare su questa strada, migliorando ulteriormente l’organizzazione della rete ospedaliera, potenziando i dipartimenti di prevenzione, l’assistenza territoriale, adeguando il fabbisogno di risorse umane, valorizzando il personale, implementando l’assistenza farmaceutica, il sistema informativo, la sorveglianza delle strutture residenziali per non autosufficienti, e così via.

Negli ospedali i posti letto creati e i servizi attivati durante l’emergenza,

come le terapie intensive e subintensive, rappresentano un valore aggiunto da salvaguardare anche grazie ai nuovi medici assunti. Siamo convinti che il Governo debba rivedere e aumentare i parametri del Decreto ministeriale n. 70 del 2015 che ha fissato il numero di 3 posti letto ogni mille abitanti: un numero troppo basso e lo si è visto in questi mesi.

I Pronto Soccorso verranno potenziati

con interventi per separare i percorsi di accesso dei malati Covid, così come per il Suem sono in programma nuove dotazioni e organizzazione.

Per la tutela delle fragilità sociali continueremo a rafforzare il solido ponte che esiste tra le due anime del Sistema: quella Sociale e quella Sanitaria, in particolare tutto l’ambito dell’assistenza e dell’integrazione territoriale, l’attività dei Distretti quali luoghi di integrazione e cura, dei Medici di medicina generale, dei pediatri, per un’assistenza vicina al domicilio e fuori dall’ospedale, per malati con patologie croniche, multimorbilità e disabilità.

I servizi domiciliari, che già oggi danno servizio a oltre 30 mila utenti, verranno potenziati con l’Infermiere di famiglia (prevediamo di averne 441 in Veneto) che opererà in collaborazione con il Distretto e con i Medici di medicina generale sia negli ambulatori che nelle visite a domicilio. Anche le Unità speciali di continuità assistenziale (USCA), che durante l’emergenza hanno operato in collaborazione con i medici di famiglia e le Case di Riposo, verranno rafforzate: pensiamo ad estenderne l’ambito di intervento oltre che per malati Covid anche a favore della cronicità e fragilità, sulla scia di quanto prevede il Piano socio sanitario.

 

Residenze Sanitarie Assistite (Rsa), servizi residenziali e semiresidenziali per diversamente abili, centri di recupero per le tossicodipendenze, servizi per la salute mentale

sono tutti elementi essenziali del sistema sanitario e del welfare cui dare attenzione, sia in ottica di un rafforzamento della parte sanitaria che deve essere strutturata, che, in una logica di sistema, per raccordare gli interventi di natura sanitaria con quelli di natura sociale di questi presidi di tutela sociale.

Per le Rsa si prevede l’inserimento del Direttore sanitario,

una figura di garanzia, attenta agli aspetti di sanità pubblica, rivelatasi importante nell’esperienza appena passata.

L’emergenza che abbiamo vissuto ha portato anche un diverso modo di effettuare visite di controllo

e follow up: è successo allo IOV di Padova e presso l’azienda ospedaliera padovana che hanno sperimentato, con riscontro di apprezzamento da parte dei pazienti e medici, la Telemedicina.

La Regione ha quindi inserito nella programmazione sanitaria la modalità della telemedicina come sistema di erogazione dei servizi sanitari, rafforzando l’innovazione tecnologica in ambito sanitario e varcando una nuova frontiere della sanità legata alla tecnologia.

Durante l’epidemia la Regione ha assunto più di 1.000 nuove figure tra medici, infermieri e operatori socio sanitari.

Una presenza importante che continuerà a dare un apporto essenziale al servizio sanitario pubblico e che la Regione ha proposto al governo di valorizzare con strumenti contrattuali che riconoscano il lavoro e l’impegno di questi professionisti. Intendiamo ulteriormente rafforzare il sistema con nuove assunzioni a cominciare dai 600 infermieri in arrivo dalla scuola per le professioni infermieristiche ad ottobre.

Molti progetti sono in corso nei vari ospedali della provincia:

a Conegliano con la realizzazione del nuovo polo che ospiterà l’area Critica, Medica, Diagnostica e Materno-infantile; a Vittorio Veneto con il potenziamento delle specialità ivi presenti e la messa a norma sismica e antincendio; a Oderzo con la conferma delle attività presenti e l’incremento della protesica; a Motta di Livenza con ORAS, il centro riabilitativo di alta specializzazione e di riferimento a livello regionale.

A Treviso sta crescendo la Città della Salute,

un ospedale rinnovato da 600 posto letto con nuovi spazi, servizi e il grande progetto per l’attivazione di un Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia da parte dell’Università degli Studi di Padova, nelle sedi dell’azienda Ulss 2 Marca Trevigiana, con la creazione di un polo di alta formazione medica, che contribuisce a risolvere il problema della carenza di medici. Un intero corsi di studi articolato in 6 anni accademici per 360 studenti che qualificherà ulteriormente il sistema sanitario locale.

La buona sanità di tutti i giorni si è dimostrata efficiente.

Il Veneto ha risposto in modo positivo all’emergenza perché ha una eccellente rete ospedaliera e una buona sanità territoriale.

 

Luca Zaia e Sonia Brescacin presso l’ospedale di Conegliano.

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